Ecco l’ultimo capitolo de “Le statistiche del trenino“.
Se vi siete persi l’undicesimo capitolo lo trovate qui.
BluttaBlatta è felice di avervi avuto come compagni di strada lungo questa avventura.
Oggi termina su bluttablatta.com la pubblicazione de “Le statistiche del trenino”, ma non disperate, questo è solo l’inizio! Continueranno, ogni primo e terzo sabato del mese, i racconti, le poesie, le sorprese e perché no, magari prima o poi, un nuovo romanzo nel cassetto.
Stay tuned !
E nel frattempo, se vi va, ordinate da Amazon la vostra copia cartacea (qui il link diretto al libro “Le statistiche del trenino”) o l’e-book (qui il link diretto all’e-book “Le statistiche del trenino”).
Sarà un onore continuare ad avervi come lettori e accompagnarvi con le mie parole per un pezzetto di strada.
Dicembre
Il nipote di Lucia scorrazza su e giù sulla mulattiera sassosa.
La Tedesca ha un bel daffare a tenerlo a bada. Lisetta, accanto, sorride.
Il prossimo anno quel piccolo discolo scapestrato farà parte dei suoi nuovi piccoli pulcini, mentre quelli che ora la seguono esaltati, avranno ormai spiccato il volo.
La riunione ha avuto luogo qualche giorno prima e ad ognuno sono stati assegnati i propri compiti. Di lavoro ce n’è per tutti, ma la voglia non manca. La Maestra sta portando all’altopiano la sua classe per l’ultima volta prima dell’arrivo della neve. I turbín sono quasi tutti completamente restaurati e oggi verranno decorati per Natale. Anche loro, infatti, dovranno brillare nella notte più magica dell’anno. In ognuno i bambini metteranno una candela e nasconderanno una lettera. La candela verrà accesa da Lucia la notte di Natale e porterà i desideri scritti dai bambini verso l’alto. Chissà se un domani gli autori ritroveranno quei fogli vergati con grafia ancora incerta rispetto alla grandezza della vita. Chissà se realizzeranno ciò che desiderano. Lisetta e Lucia non lo sapranno mai, ma i piccoli – e per ora inconsapevoli – protagonisti di questo rito un po’ pazzo e pieno di magia, prima o poi torneranno in questi luoghi per mostrare ai loro figli quanto fatto e, forse, ritroveranno anche le parole scritte sotto la guida di una maestra grassottella e strana, ma che ha dato loro le ali per volare.
Solo un turbín rimarrà vuoto. È quello della famiglia che si rifiuta di prendere parte al progetto. È l’unico che sarà triste, buio e freddo la notte di Natale. Lisetta spera di convincere gli affidatari a fare un giro quassù il 24 dicembre. Forse accorgendosi della bellezza del tutto, e del vuoto della loro vita, si uniranno alla gioia comune.
La Tedesca e il nipote accompagnano la scolaresca. Camminano tutti in fila indiana stando attenti ai trattori. Lucia e Gino stanno facendo la spola tra il paese e l’Osteria con le provviste per la dispensa e gli attrezzi del mestiere. Padelle, pentolini, piatti, posate e bicchieri tintinnano nel cassone ad ogni curva, mentre dallo stretto abitacolo sbuffi di farina, fuggiti dai sacchi semi aperti del Panettiere, si perdono nell’aria. Sembrano quasi dei trattori a vapore. Delle locomotive che faranno da traino a tutti gli altri lavori. Lucia sorride tra sé pensando che è una fortuna aver già portato le galline all’altopiano. Dubita che le uova sarebbero sopravvissute al trasporto!
La Gattara è in cucina a dirigere Lucio che impila pignatte, pulisce bottiglie, gestisce ansia ed eccitazione. Il Fabbro e Franco stanno sistemando la sala da pranzo con panche, tavoli, sedie e legna per il camino. Sarà una bella notte, la notte di Natale.
Il menù è già deciso. Si parte dai piatti forti della Gattara: lasagne nostrane e arrosto al forno. L’idea originaria era fare tortellini in brodo di pollo e cappone ripieno, ma alla sola idea di tirare il collo a una delle galline superstiti, Franco si è sentito male. E così hanno ripiegato su una più salutare, per lo svenuto, carne di manzo. Lucia si chiede come faranno quando ci sarà da ammazzare le mucche. Già prevede lotte intestine e si immagina Franco sulle barricate. Va bé: ogni cosa a suo tempo. Dopo lasagne e arrosto si procederà con i biscotti della Tedesca e le torte di Lucia. Mangiari semplici, mangiari di una volta, mangiari che riempiono pancia e spirito.
Per la cena si è annunciato già mezzo paese e l’Osteria non ha registrato il tutto esaurito: di più! I quaranta posti sono occupati dai soldati e dalle loro famiglie, oltre a qualche tavolo riservato per inviti “di circostanza”: il Sindaco, l’Impiegata dell’ufficio Proprietari Terrieri e Beni Culturali che, inconsapevole, ha dato il via alla storia dell’altopiano, il Notaio e il Direttore della “Casa di recupero per tossicodipendenti e alcolisti Sant’Eustachio”.
Lucia si è chiesta, al momento della telefonata, cosa cazzo – sì, ha pensato proprio in questi termini – c’entrasse Sant’Eustachio, patrono dei guardiacaccia, con i tossici e gli alcolizzati, ma a parte questo piccolo particolare il Direttore si è rivelato una persona entusiasta e gentilissima. Neanche il tempo di appendere il telefono ed è partito alla volta del monte, per conoscere da vicino Lucia e il suo progetto. La collaborazione inizierà in gennaio, con tanto di fondi, contratto e supporto infermieristico all’occorrenza. Lucia è convinta che non servirà nessun infermiere quassù, ma non ha avuto il coraggio di spiegarlo ad un entusiasta e baldanzoso Direttore. In ogni caso, per festeggiare il momento, alla cena di Natale ci sarà anche lui che, siccome è vero che le apparenze ingannano, è alto un metro e un tappo, magro come un insetto stecco, ma mangia per dieci. La Gattara è stata prontamente informata e calibrerà le porzioni, la Tedesca aumenterà i biscotti e Lucia si regolerà con le torte.
Fabio sta finendo di aggiornare i contenuti del sito e la pagina delle prenotazioni per l’Osteria da Pio Sgrenchio è un vero successo. La Gattara ha da spadellare già per tutto gennaio e, se si continua così, presto necessiterà di un aiutante. Il Direttore ha prontamente trovato tre o quattro persone che hanno bisogno di ritrovare sé stesse e che saranno felici, con il nuovo anno, di uscire da Sant’Eustachio ed entrare nella Cascina Marì.
Lucia è sorpresa, non si aspettava tanto interesse ed entusiasmo. All’altopiano in macchina non si sale. Divieto tassativo del Condottiero, unito a semplice constatazione logica. Sulla mulattiera una macchina non ci passa, o meglio, passare ci passerebbe anche, ma difficilmente tornerebbe indietro tutta intera. Eppure questo non sembra essere un deterrente. La gente è disposta a salire a piedi – per i più anziani Lucia metterà a disposizione un trattore – e sembra anche contenta di riappropriarsi del tempo di una sana camminata, senza essere costretta ad arrivare veloce a tutti i costi. Con la primavera Lucia vorrebbe portare all’altopiano anche gli asini. Poi organizzerà un servizio di asin-bus e allora ne vedremo di tutti i colori.
Le cascine, Marì – Pessin – Gipunin – l’Osteria, sono belle come non mai dietro ai primi fiocchi portati dal vento. Ogni architrave è decorato con un ramo di agrifoglio e candele accese brillano sui davanzali. L’unico abete dell’altopiano è ammantato di pigne argentate e nastri rossi e sotto i suoi folti rami c’è un piccolo presepe scolpito dal Pittore. Il camino dell’Osteria è circondato da pacchetti colorati e Ana si perde ad osservare la sua bella e “problematica” famiglia che sta aiutando la Tedesca con i biscotti. Sembra, per un momento, che i suoi componenti abbiano trovato un po’ di pace tra farina, uova e zucchero. Forse non è un futuro in discesa, ma almeno è un inizio.
Lucia cammina con Napo e Bubu, a cui ha tassativamente vietato di appioppare la mantellina di babbo natale come avrebbe voluto Gino, su e giù per i futuri pascoli e il bosco ormai spoglio. Tante cascine devono ancora venir restaurate: il Cugnöö, il Scerée, le Case della Luna …
Tanti nomi, tante storie, tanti sassi. Ci sarà tempo l’anno prossimo per capirli, scoprirle e spostarli. Per intanto cammina. Un passo dopo l’altro ed è già arrivata lontano. Osserva due Pippi che, spaventati, si alzano in volo al suo passaggio. Chissà se anche gli aironi vorrebbero volare come gli aeroplani o se sono gli aeroplani ad invidiare la calda eleganza degli aironi.
Ecco, questo è un vizio che non le è passato e che forse non le deve passare. Perdersi nei suoi pensieri e nelle sue riflessioni. Che sia bello o che sia brutto, che faccia caldo o freddo, che sia sola o in compagnia, ogni tanto il cervello di Lucia parte per la tangente e si sofferma a rimuginare sulla vita, sulle persone e su sé stessa. È strano, ma anche quando pensiamo di essere completamente concentrati sugli altri, in realtà siamo sempre e solo egocentrici. Nella nostra testa, gli altri esistono solo ed unicamente in relazione a noi: quanto ci fanno stare bene, quanto ci fanno stare male, quanto sono più brutti di noi, quanto sono più belli, cosa possiamo fare per evitarli, cosa possiamo fare per aiutarli e via dicendo.
Lucia pensa agli altri e così facendo pensa a sé.
Di strada ne ha fatta molta, ma non è ancora finita.
D’altronde: un progetto, se è un buon progetto, non finisce mai. Può solo continuare.
Eccola, è arrivata. L’alba della vigilia di Natale fa capolino dietro ai vetri incrostati di ghiaccio. Lucia e Fabio hanno dormito all’altopiano questa notte. La Cascina Marì li ha accolti nel suo caldo grembo. Anche Lucio e la Gattara hanno dormito al Pessin. Questa, in realtà, non è una cosa eccezionale. È da quando hanno terminato i lavori, che si sono trasferiti qui in pianta stabile insieme a tutti i gatti della colonia felina del paese. Marc Antonio e Cleopatra, Re Sole e Maria Antonietta hanno fatto gli onori di casa ai nuovi venuti e ora, forti del numero, tengono a bada senza problemi Napo e Bubu che, per l’appunto, hanno preso l’abitudine di stare ben al largo dal territorio nemico.
Anche Franco, il Fabbro e Gino hanno dormito al Mott da Gipunin. Il Panettiere, la Tedesca, Lisetta e il pittore li raggiungeranno in mattinata. L’altopiano è pronto a dare il meglio di sé tra poetiche decorazioni e stuzzicanti profumi che si diramano dalla cucina dell’Osteria. La Gattara è da giorni che sta spadellando e, questa sera, si vedranno finalmente i frutti del suo duro lavoro.
Lucia si alza quando fuori è ancora silenzio. Lascia Fabio che dorme sereno come da tempo non succedeva più. Lascia anche Napo e Bubu vicino al camino ed esce nella neve. Si rende conto, inconsciamente, che questi sono gli ultimi istanti in cui l’altopiano è ancora solo suo. Da questa sera verrà consegnato, simbolicamente, alla comunità e questo è quasi un addio. Si incammina nella neve alta e ripensa all’anno appena passato, alla strada percorsa e a quella ancora da percorrere. Neanche il tempo di dare un ordine ai suoi pensieri che si sente afferrare per il cappuccio della vecchia, sgualcita e terribilmente comoda giacca.
Fabio nasconde il viso nei suoi capelli e le sussurra all’orecchio un “Buon Natale”. Non c’è bisogno di parlare, non è necessario dire niente. Almeno per oggi sono due anime affini. Continuano, godendo della reciproca compagnia, il giro per l’altopiano. Qui e lì intravedono tracce del passaggio di cervi e caprioli e diversi pettirossi li osservano dai rami degli alti faggi. Una volpe fugge rapida al loro passaggio. Un’indistinta macchia rosso vivo sullo sfondo bianco accecante della neve caduta nella notte. Si è fatto tardi e bisogna tornare. Tornare e lanciarsi nella frenesia dei preparativi. Tornare nel quotidiano. Tornare nella lucidità del comando. Ogni tanto, prendersi una pausa dalla vita, fa proprio bene.
Lisetta c’è riuscita. Ha portato un papà ariano, una mamma del Togo e un bimbo adottato dallo Sri Lanka a vedere l’altopiano. Ha portato l’unica e ultima famiglia che mancava a vedere la magia dei turbín. Grazie alle candele accese risplendono come stelle e il riverbero si spande nel bosco. Il papà ariano ha mascherato lo stupore dietro ad una faccia scura. La mamma ha lasciato libera una lacrima. Il bambino ha sorriso e ha voluto accendere una candela anche nel suo turbín. Un turbín ancora tutto da restaurare, ma che ora non è più né vuoto né freddo e che, presto, sarà bello come tutti gli altri. Ora Lisetta ha capito. Non era mancanza di voglia o di tempo che li teneva lontano. Era paura di buttarsi in qualcosa di nuovo. Era il timore di aggiungere una nuova storia alle mille che già portano scritte i loro volti. Era il terrore di sperare di essere accettati e di venir delusi per l’ennesima volta. Ora sanno che non sarà così. Questa sera si fermeranno anche loro all’Osteria. Lisetta non ha avuto il coraggio di dire di no. Era troppo felice per la ritrovata unione d’intenti. Quando, timorosa, lo ha detto a Lucia, la risposta è stata quella che sperava, ma non osava aspettarsi: “Lisetta… e che problema c’è? Da soli è bello, ma insieme lo è molto di più!” La Gattara prepara al volo un’altra teglia di lasagne e le torte vedranno fettine un po’ più piccole, ma tanto più buone. E così la festa di Natale ha avuto inizio.
Un vociare allegro preannuncia l’arrivo della truppa. Chi scalpita, chi arranca e chi, dietro, sta in bilico sul trattore. Dalle quaranta bocche iniziali, siamo arrivati a quasi cinquanta. Le lasagne della Gattara fanno un figurone e i brindisi si sprecano. Decine di nuovi progetti prendono forma questa sera tra le mura dell’Osteria e così, tra una fetta d’arrosto e un biscotto al burro, si scopre che il papà ariano è un professore di agraria, il Direttore di Sant’Eustachio è un vinificatore per passione e il Sindaco conserva ancora la ricetta del formaggio dei suoi nonni. Storie su storie si intrecciano tra caffè e fette di torta. Se queste storie si svilupperanno resta tutto da scoprire.
I bambini giocano un po’ dentro e un po’ fuori e a Napoleone sembra di ritrovare gli anni della giovinezza, quando era insieme ai suoi bimbi nella scuola elementare. Chissà che fine avrà fatto il bidello che lo prendeva a legnate. Napo non crede sia andato in paradiso, ma essendo solo un cane non si azzarda a riflessioni più profonde.
Al momento di aprire i regali, la Gattara si commuove come non mai nel ricevere da Lucia un quadernone bianco intonso. Solo la copertina è decorata e una scritta brilla in lettere argentate: “Le ricette dell’Osteria da Pio Sgrenchio scritte da un cuoca d’eccezione”. Starà a lei riempire le pagine con la sua sapienza popolare e tramandare alle future generazioni la perizia delle sue mani d’oro.
Tanti gli auguri e i regali che vengono scambiati. Una nuova forgia per il Fabbro. Un cappello e un bastone da pastore per Franco. Una fornitura di pezzi di ricambio per il trattore di Lucio, una serra per la Tedesca e un cucciolo per Gino. Lucia viene sommersa dalle emozioni ad aprire regali semplici, ma fatti con il cuore. Un maglione dalla Gattara, la ricetta segreta delle mitiche pizzette del Panettiere, una mappa dell’altopiano dal Pittore, un elmo da generale in argento da Lucio, Gino, Franco e il Fabbro e mille pacchetti e paccotti da tante persone del paese da cui mai si sarebbe aspettata nulla. La motivazione è una sola: “Grazie per averci regalato la speranza.”
Lucia è sopraffatta.
Lucia ha ritrovato la sua famiglia.
È notte fonda e, oramai Gesù dovrebbe essere nato a quest’ora. Gli invitati sono lentamente scesi alle proprie case e i soldati hanno deciso, di comune accordo, di andare a letto. L’ordine e la pulizia dell’Osteria possono aspettare fino a domani. Fabio abbraccia Lucia e la conduce, stanca, ma felice, alla Cascina Marì. Si tolgono i vestiti di un giorno speciale e indossano il pigiama di una notte di pace. Prima di addormentarsi Fabio fa scivolare nelle mani di Lucia una busta. È un cartoncino un po’ vecchio e un po’ ingiallito con una decorazione rossa e dorata che risale, almeno, a settant’anni prima. Lo ha trovato nella tasca della camicia di Nando quella terribile mattina in cui se ne è andato. Forse giustamente, forse ingiustamente, non lo ha voluto condividere con nessuno fino ad ora. Era una donna forte Marì. Un po’ come lo è ora la sua Lucia. Era una donna da non lasciarsi scappare. Lucia inizia a leggere.
Caro Nando,
per questo Natale, con tanto amore ti ho fatto una bella calza.
Se mi prometterai di essere un buon marito e un bravo lavoratore.
Se non farai tardi la sera.
Se non metterai le dita nel naso e ti ricorderai di potare le piante da frutto della cascina.
Se mi prometterai di essere un buon padre.
Se la smetterai di farmi la posta al mio posto di lavoro.
Se saremo felici, io ti prometto fin da ora che mi impegnerò, con tanto amore e tanto affetto, a farti per il prossimo Natale anche l’altra calza perché “da soli è bello, ma insieme lo è molto di più”.
Buon Natale!
Con amore la tua futura moglie
Maria
Lucia guarda Fabio con gli occhi lucidi.
In un modo o nell’altro Nando e Maria sono riusciti a farle gli auguri. In un modo o nell’altro sono riusciti a farle ritrovare Fabio.
“Lucia: vuoi diventare la mia famiglia?”
L’anima di Lucia sta pensando alle future, meritate, vacanze. Finalmente potrà godersi un cocktail e un massaggio ai piedi e si prenderà un po’ di riposo dopo tutte le ore di straordinario che le è toccato fare. Un anno fa si era data tempo 12 mesi per ritrovare una perfetta unione con la sua lunatica umana. Non era per niente sicura di riuscire nell’intento, ma così non si poteva andare avanti. Cinquantadue settimane per decidere se vivere o morire. Trecentosessantacinque giorni per tornare ad avere la forza di affrontare la vita, con i suoi alti e i suoi bassi, con i momenti di euforia e quelli di disperazione.
Ha lottato, con le unghie e con i denti, per ridare ad un corpo ormai vuoto come un guscio di noce, un motivo per vivere. Ha riempito le ore con riflessioni a volte profonde e a volte azzardate, con peli e pulci di cane, con miagolii di gatto e sclerate di umani.
Ha trascinato Lucia su e giù per boschi e sentieri, le ha insegnato a guidare un trattore, le ha fatto conoscere Nando con le sue luci e le sue ombre, l’ha messa in contatto con Lisetta e il suo entusiasmo, le ha dato la forza per cambiare vita.
Ha condotto Lucia lungo uno stretto sentiero. Ogni passo falso rischiava di condurre alla rovina, ogni ostacolo superato la rafforzava.
Ha portato Lucia ad un passo dall’altare. Già se la vede, vestita di bianco e con un anello al dito che poi, conoscendola, sicuramente combinerà qualcosa di strano anche in quell’occasione.
Ora è l’anima stessa che quasi non esiste più. Non è più conscia di sé e lentamente si lascia scivolare fino a rannicchiarsi dove dovrebbe essere: in un cuore colmo di speranza e in una mente vivace.
A tratti ancora vacilla, ma ora non sarà più solo l’anima a lottare: sarà Lucia.
Sarà tutto l’altopiano.
Capodanno
È l’ultima notte dell’anno.
Fabio e gli altri sono all’Osteria a festeggiare. Tra poco Lucia tornerà con loro a ridere e ad aspettare di brindare al futuro. Prima, però, deve fare una cosa. Non sa perché ne senta l’esigenza, ma sa che lo deve fare e basta. Si siede al tavolo della Cascina Marì e inizia a scrivere.
I miei propositi per il nuovo anno
– Portare l’altopiano al massimo del suo splendore
– Prendermi cura di me e dei miei soldati
– Iniziare il mio viaggio a piedi
– Sposare Fabio
– Non permettermi di perdere la serenità
– Soprattutto: vivere!
Lucia piega il foglio e lo nasconde tra le travi della Cascina. Ha un anno di tempo per realizzare e mantenere i suoi propositi.
Fuori dalla finestra, in penombra, un Pippo la osserva. Le lancia un lungo sguardo carico di affetto. Ora può partire, può migrare al caldo. Ora è sicuro che Lucia camminerà con le sue gambe.
Ora Nando può godersi la sua Marì.
Ora c’è Fabio.
Epilogo – Tempo di erba nuova
Con il cappello e il bastone da pastore Franco apre la carovana.
Dietro di lui 100 mucche stanno salendo all’altopiano. L’erba è verde e i pascoli sono pronti.
I ragazzi di Sant’Eustachio hanno preparato le stalle e Ana ha ultimato la mostra. Fotografie, lettere, scritti e disegni per raccontare la storia di Nando e dell’altopiano. Le tradizioni dei nostri vecchi e i progetti per i nostri giovani.
Il Fabbro e la Tedesca osservano Lucia passare insieme alle mucche. Tra pochi mesi ci sarà un matrimonio e, invece di perdere una figlia, acquisiranno un figlio.
Fabio, insieme al resto della guarnigione dell’altopiano, segue le mucche. Dietro c’è tutto il paese.
Un paese in festa, un paese che ha ritrovato il perché della sua esistenza.
Il bosco è carico di gemme e i lavori di restauro degli altri ruderi procedono a ritmo serrato. Non oggi, però. Oggi si festeggia e basta.
Una mucca muggisce forte.
È Carolina.
Aspetta un vitello.
Sarà la prima a partorire sull’altopiano.
E questo….è solo l’inizio.
Le “statistiche del trenino” finisce qui, ma se volete ancora viaggiare con Lucia e Napoleone, trovate questi personaggi in diversi racconti, ad esempio ne “Il ritorno“.