Quando faceva quel sogno, Alfio si risvegliava di buon umore.
Un mare blu intenso, appena screziato di turchese, bordato di sabbia dorata, che il sole impreziosiva con riflessi porpora. Balsamo per la sua anima buia.
Così sorrideva; poi guardandosi intorno ripiombava nella più cupa desolazione.
Quando a farla da padrone durante la notte era il bosco, la giornata era più sopportabile; i ricordi di bambino gli tenevano compagnia. Sempre lo stesso sogno: lui e la nonna si inoltravano tra i castagni; tronchi di un bel marrone scuro e fronde cariche di foglie verde intenso; chi scovava tra i ciuffi di erba gialla il primo porcino, bruna la cappella e beige il gambo, aveva vinto.
Poi c’era la “sposa matta”. Mai vista una donna all’altare conciata così! Col suo variopinto vestito a losanghe rosa, lillà ed azzurre riempiva gli occhi chiusi di Alfio. Ripensandoci al mattino gli veniva da ridere; magra consolazione lì dentro.
Una volta l’avvocato gli aveva chiesto:
«Cosa Le manca di più della sua vita fuori dal carcere?»
«E a Lei cosa diavolo importa?»
«Mi sarebbe utile per dipingere un quadro più umano della sua personalità. Per ottenere una riduzione della pena.»
«I colori» aveva risposto Alfio.
«In quel buco di cella tutto è solo maledettamente bianco o nero! Soffitto, pareti e divise bianche; piastrelle nere; lenzuola, cuscino, lavabo e cesso bianchi. Le sbarre della finestra luccicano nere come la pece e il cielo manco lo vedo! Di fronte c’è il muro bianco del cortile e sopra il terrazzo immacolato del direttore. Pranzo servito su vassoio nero, piatti e posate di plastica bianca!»
«Potrebbe affermare di essere pentito di quello che ha fatto?»
«Se servisse a tornare tra i colori!! Bianco e nero mi tengono prigioniero. Se potessi uscire da qui e vedere nuovamente un bel rosso sangue…»
Racconto finalista del concorso “Castelli di carta – Premio letterario edizione 2019”, pubblicato sull’antologia del premio edita dalla Biblioteca cantonale di Bellinzona.
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